Gondole e palazzi, Vivaldi e Goldoni: difficile sradicare certi stereotipi su Venezia, luogo che per molti, la maggior parte dei visitatori, non è una città di oggi, ma un precario museo di glorie sopravvissute al tempo. Eppure Venezia ha un’altra faccia, che tutti vediamo, ma che fingiamo di non cogliere. I turisti che la invadono a frotte; i vu cumprà tra calli e ponti; le case abbandonate, desolate, prive di vita quotidiana; le proliferanti riproduzioni in foto, cartoline, souvenir e filmati di un luogo cristallizzato, pittoresco, quindi finto e quasi smembrato dall’assalto mercificatorio e mediatico. Tutto ciò è sotto ai nostri occhi e, forse, oggi costituisce la vera realtà di Venezia, quella della crisi demografica e di identità. Wolfgang Scheppe, esperto di comunicazione e arti visive e professore allo IUAV, ha avviato nel 2009 come esperienza didattica una ricerca sulle migrazioni a Venezia; da questo punto di vista, illuminante, si colgono tutti i vizi e i problemi del presente: flussi di clandestini in cerca di speranze, ondate di turisti in perenne corsa, spopolamento da parte degli abitanti, aggressione selvaggia a monumenti. Insieme ai suoi allievi delle facoltà di arti e design, Scheppe ha cercato di censire con dati e immagini i flussi migratori su Venezia, che portano con sé problemi, merci, immagini e visioni. Il risultato del lavoro è stato riunito in un libro e in una mostra, Migropolis. Venezia/Atlante di una situazione globale, aperta fino al 6 dicembre alla fondazione Bevilaqua La Masa, nella galleria di piazza San Marco (71/c), a Venezia.